Tonino Gelo giunge alla scenografia dopo anni di pittura. L’occasione gli è fornita dalla frequentazione di amici che si dilettano a “fare teatro”. Gli spunti nascono da conversazioni sugli effetti scenico/naturalistici che caratterizzano le rappresentazioni classiche e su quelli minimalistici del teatro moderno; sul ruolo degli attori e su quanto la scena possa coinvolgere lo spettatore. Per sperimentare con mano, Tonino passa dalle disquisizioni accademico/culturali alla fase di realizzazione e all’impegno diretto: raccatta materiali, anche i più disparati, li assembla, accosta colori, appronta scene, si lascia prendere dal “sacro fuoco” della ricerca. Nascono diverse opere propedeutiche per il teatro popolare. L’autore non tralascia quello classico, a volte azzarda anche la contaminazione: “grottesche e liberty”. La sua prima produzione è apparentemente descrittiva, fa quasi da sfondo alla scena che si presenta; infatti, pur manifestando una certa staticità, non passa inosservata la composizione cromatica. Si impone all’attenzione dell’osservatore il “tono” del colore, il modo di come l’autore lo dispone e lo accosta. Esso avvolge in un abbraccio la trama dell’opera e fa da supporto alla recitazione: è quasi una voce fuori campo. Nelle ultime scenografie la produzione diventa più originale e coinvolgente: Gelo indulge nel rappresentare sia gli esterni, che gli interni, un clima quasi incantato, dove, è sempre il colore a farla da padrone. Nella presentazione degli interni la scansione dello spazio, l’impaginazione semantica e la composizione cromatica si fondono configurandosi in espressioni pittoriche.